martedì 21 ottobre 2008

Dalla fiction delle occupazioni al rilancio dell'università

ilsussidiario.net

Gran parte della stampa in questi giorni racconta di un nuovo ’68: occupazioni, cortei e sospensioni della didattica che risvegliano antiche sensazioni (per i vecchi nostalgici). Per ora, si tratta per lo più di una “fiction”, una creazione mediatica. La stragrande maggioranza degli studenti (fortunatamente) segue regolarmente le lezioni e i laboratori. Peraltro, tra i capifila dei gruppetti (sparuti) che cercano di abbozzare la protesta non sono in molti ad avere il libretto universitario. Come è noto, infatti, le occupazioni e le sospensioni della didattica sono di fatto lo strumento autunnale di propaganda politica di alcuni gruppi della sinistra estrema in cerca di adepti. Il clima più caldo si registra alla Sapienza di Roma, alla Federico II di Napoli, all'Università di Genova, a Firenze e a Pisa.

Tra quanti inscenano la protesta la confusione regna sovrana, con le solite tentazioni di prevaricazione violenta. Una piccola parte vorrebbe imporre la propria volontà a tutti gli altri, costringendo questi ultimi ad una sospensione forzata dell’attività didattica.

La superficialità sommaria di certi modi di fare si rende evidente nei cori che si sentono contro il decreto Gelmini, quando i tagli sono da imputare semmai al Ministro Tremonti; si parla di “privatizzazione forzata” delle università quando la legge 133/2008 all'art. 16 prevede la “possibilità” di deliberare la trasformazione in fondazioni (e, al momento attuale, non prevede neanche una delle misure attuative che servirebbero a supportare questo importante passaggio; ergo, per ora, non se ne parla affatto). Si sentono insomma i soliti slogan generici che puntualmente si ripetono e che non fanno altro che alimentare la confusione. Pochi sanno realmente di cosa si tratta. E soprattutto a chi giova questa situazione, che potrebbe anche precipitare?

La salute economica degli atenei dopo la conversione in legge del d.l. 112, è grave, pur non essendo tragica per il 2009. Il FFO, Fondo di Finanziamento Ordinario, infatti, il prossimo anno si ridurrà di 63,5 milioni di euro, ma lo scenario potrebbe drasticamente aggravarsi dal 2010 se i tagli fossero confermati nella finanziaria dell’anno prossimo. C’è dunque un anno di tempo per evitare la bancarotta. Ancora più grave risulta la norma relativa al c.d. “turn over” che blocca lo sviluppo di tutte le università, buone o cattive, virtuose o sprecone.

Il Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio per primo, in tempi non sospetti (luglio), aveva denunciato in un lungo comunicato stampa la gravità di questa situazione. Siamo ben consapevoli che il futuro per l’Università sia tutt'altro che roseo. Riteniamo però che in questa situazione il ruolo di maggiore responsabilità debba essere giocato da coloro che, nella comunità universitaria, rettori e docenti, possono delineare delle possibili vie d'uscita.

Occorre imboccare la via di un progetto riformista che, da un lato, non nasconda le responsabilità di quegli atenei che per anni hanno adottato politiche di spesa dissennate, e dall’altro chiami in causa chi governa: non basta fare cassa, occorre pensare a come rilanciare l’Università.

E, se non si vuole che l’Università italiana entri in un coma profondo, occorre muoversi in fretta.

Stefano Verzillo – Presidente del CLDS (Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio)

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