sabato 13 dicembre 2008

Scuola, maestro unico: nessun dietrofront

Di Emanuela Fontana per ilgiornale.it

Roma - L’accusa: rinviate di un anno la riforma delle superiori, il maestro unico potrebbe essere scelto, di fatto, da pochissime famiglie. Ministro Gelmini, la marcia indietro sulla scuola, lei dice, non c’è. Perché? «Non c’è stata nessuna marcia indietro del governo: il modello educativo di riferimento resta il maestro unico. Il modulo risulta definitivamente archiviato. Quell’anomalia italiana per cui sostanzialmente c’erano tre insegnanti ogni due classi non esiste più. Non ci sono più le compresenze e, come aveva garantito il presidente Berlusconi, ci sarà possibilità di scelta per le famiglie».

Il presidente Berlusconi ha detto oggi che «può darci si siano stati errori di comunicazione» nel governo sulla scuola. Cosa significa maestro prevalente ed è, o no, sinonimo di «unico»? «Il presidente Berlusconi si riferiva alla disinformazione della Cgil e della sinistra. Dobbiamo evitare di permettere di fare una campagna di disinformazione che crea un allarmismo ingiustificato. La volontà di far partire la riforma della scuola secondaria nel 2010 deriva dal fatto che non vogliamo più permettere che si faccia della mistificazione sulla scuola».

A proposito di comunicazione, ora lei sta puntando sulla rete. Ha aperto un canale su YouTube, sul social network Facebook più di 18mila sostenitori si sono iscritti al suo fan club. Andrà avanti per questa strada sul modello «americano»? È questa la nuova comunicazione ai ragazzi e ai genitori? «Assolutamente. Ma è in particolare sulla riforma del secondo ciclo che daremo una comunicazione precisa a tutte le famiglie».

Spedirete libri, brochure, a casa? «Questo non si può dire, ne parleremo quando presenteremo i regolamenti. La comunicazione alle famiglie riguarda soprattutto le novità della scuola secondaria. Prima di applicarle occorre aspettare un anno di tempo indispensabile per far in modo che ci sia lo spazio per le famiglie di essere informate».

Oltre alla riduzione a 11 del numero di indirizzi degli istituti tecnici cosa cambierà per i licei? «Ne parleremo quando presenteremo i regolamenti».

Parliamo di maestro unico e prevalente nella scuola elementare, allora. «Se le famiglie scelgono l’orario delle 24 ore, il maestro è unico».

Ma ci saranno molte famiglie che sceglieranno questa formula minima, con l’aumento del numero delle donne lavoratrici? Forse al sud sarà più utilizzato? «Esattamente, ora avviene così». E se si sceglie il modulo a 27 ore, 30 o 40? «Più aumenta il monte delle ore e più il maestro diventa prevalente. Oltre un certo numero di ore viene affiancato un altro insegnante. Andiamo incontro alle esigenze delle famiglie per il quadro orario. Ma rimane fermo il modello del maestro unico e l’abolizione del “modulo”. E preciso che per ogni ora di lezione verrà pagato un solo insegnante».

Maestro unico e scelta dell’orario, va bene. Ma perché allora i sindacati dicono che è merito loro? «A me fa piacere che ci sia un’apertura del sindacato e che si possa riprendere il dialogo, ma questo non avviene perché la riforma è cambiata, la riforma è la stessa ma il sindacato ha aperto al dialogo. Il nostro progetto di scuola non è cambiato, è lo stesso del decreto Gelmini di settembre, oggi legge. È lo stesso del Piano di attuazione di novembre. È lo stesso della manovra triennale. È la sinistra che oggi fa retromarcia dopo una fallimentare campagna di disinformazione».

Nei consigli studenteschi delle università ormai il centrodestra sembra stia rubando le maggioranze alla sinistra. Addirittura alla Sapienza c’è stato il ribaltone... E allora perché non si riesce a far passare un messaggio e la voce grossa è quella della piazza? «Quello che sta avvenendo nei consigli studenteschi sta a significare che accanto agli studenti che protestano ce ne sono molti altri che non lo fanno. Io rispetto coloro che vanno in piazza, ma mi sento di riconoscere che sono molti di più coloro che non lo fanno».

Lei si è data un anno per comunicare, per spiegare, esponendosi all’accusa di fare marcia indietro. Crede che basterà un anno per togliere la scuola dalla «disinformazione della sinistra»? «Penso di farcela».

venerdì 12 dicembre 2008

Scuola, maestro unico a richiesta. Nel 2010 riforma superiori

Scuola, maestro unico a richiesta. Nel 2010 riforma superiori

Roma, 11 dic (Velino) - Rinviata di un anno la riforma delle superiori. Partirà dal primo settembre 2010 “per dare modo alle scuole e alle famiglie di essere correttamente informate sui rilevanti cambiamenti e sulle innovazioni degli indirizzi” dicono dal ministero dell’Istruzione. Sul secondo ciclo “si aprirà un confronto con tutti i soggetti della scuola sull'applicazione metodologico-didattica dei nuovi regolamenti”. Fra i punti principali della riforma ci sono la semplificazione degli indirizzi scolastici, con gli istituti tecnici che passano da 39 a 11 e la riorganizzazione del sistema dei licei. Allo studio un legame più stretto fra le richieste del mondo del lavoro e la scuola e l’aumento delle ore di lingua inglese, delle materie scientifiche e di matematica. La nuova scuola primaria partirà invece dal prossimo anno ma anche in questo caso ci sono delle novità rispetto al decreto della Gelmini. Il tanto contestato “maestro unico” alle elementari sarà attivato su richiesta delle famiglie. È confermato nel verbale dell'incontro che si è svolto a Palazzo Chigi tra i sindacati della scuola e il governo. Presenti il sottosegretario Gianni Letta, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e i titolari dell’Innovazione e Pa Renato Brunetta e del Lavoro Maurizio Sacconi. All'incontro hanno partecipato anche i segretari di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.

Per la SCUOLA PRIMARIA l'orario settimanale di 24 ore (che riguarda le prime classi per il 2009-10), sarà dunque una opzione che le famiglie potranno chiedere, accanto alle 27 e alle 40 ore. Alle classi funzionanti a tempo pieno saranno assegnati due docenti. Alle MEDIE previsto un tempo scuola da 29 a 30 ore, secondo i piani dell'offerta formativa delle scuole autonome. Le classi con il tempo prolungato, ferma restando l'esigenza che si raggiunga il previsto numero di alunni, funzioneranno con non meno di 36 e fino a un massimo di 40 ore. Nella SCUOLA DELL’INFANZIA si garantirà prioritariamente il tempo di 40 ore con l'assegnazione di due insegnanti per sezione. Quello con attività didattiche solo al mattino sarà un modello organizzativo residuale, sulla base della esplicita richiesta delle famiglie. Il numero massimo di alunni per classe non verrà elevato ed è prevista la tutela del rapporto di un docente ogni due alunni disabili. Il governo si impegna infine a costruire un tavolo permanente per ricercare le possibili soluzioni per tutelare i precari.

Soddisfazione è stata espressa dai sindacati: Francesco Scrima (Cisl scuola) e Raffaele Bonanni salutano positivamente l'apertura di un tavolo di confronto “nel quale ci attiveremo da subito perché la tutela delle condizioni di lavoro del personale precario e le sue prospettive di continuità lavorativa trovino assoluta priorità”. Parla di “risultati concreti” ottenuti anche Massimo Di Menna (Uil) che esprime una valutazione “estremamente positiva” della riunione odierna. Giudizio positivo sull'apertura del tavolo e sugli impegni assunti dal governo arriva anche da Gennaro Di Meglio (Gilda) e Achille Massenti (Confsal). “Consideriamo importante che si riprenda il confronto, era una nostra fondamentale richiesta” ha detto Domenico Pantaleo (Flc-Cgil), aggiungendo tuttavia che “sulla primaria rimangono delle ambiguità. Apprezziamo anche l'apertura sul precariato, ma ricordiamo che rimangono i tagli al settore e chiediamo che non condizionino i regolamenti attuativi sulla scuola secondaria”. Per questo “nessun passo indietro sullo sciopero di domani”. I regolamenti attuativi saranno presentati in Cdm martedì prossimo: “Dopo tanti anni di discussione, verrà portata in Consiglio dei ministri una riorganizzazione organica dell'offerta formativa della scuola italiana: si tratta di una proposta che per i suoi contenuti può essere definita storica” ha commentato il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini. Intanto la commissione Cultura della Camera ha dato il via libera al decreto sull’università senza modifiche. Da lunedì il testo passerà all'esame dell'Aula per il via libera definitivo. “Entro il 18 dicembre il decreto dovrebbe essere convertito”, ha spiegato Valentina Aprea, presidente della commissione Cultura.

lunedì 8 dicembre 2008

Università: la democrazia? Un alibi

Di Angelo Panebianco per Corriere della Sera Magazine del 04/12/2008. http://rassegnastampa.crui.it/minirass/esr_p1.asp?dacbo=si&cbogiorno=4/12/2008

mercoledì 3 dicembre 2008

Libertà e rigore per l'università

Di Ernesto Galli della Loggia per corriere.it

Più di un segnale lascia credere che oggi è forse diventato possibile per l'Università italiana aprire una pagina nuova. C'è finalmente un ministro determinato, incline a scelte di razionalità e di buon senso, capace di non farsi intimidire dalle solite sparute minoranze protestatarie. C'è anche un'opposizione che sembra aver capito l'errore della politica del rifiuto, che appare saggiamente riluttante a sposare le agitazioni delle minoranze di cui sopra, e anzi è forse pronta a dialogare con la maggioranza.

La spinta riformatrice è oggi aiutata, infine, da un’opinione pubblica che si è massicciamente convinta che l'Università così com'è non può andare avanti, che bisogna che cambi e subito. Questa opinione pubblica ha in gran parte capito che la questione dei «tagli» di bilancio, sebbene cruciale, non può tuttavia essere disgiunta da una contemporanea, profonda, revisione dell’istituzione universitaria. Sono ormai chiare, e largamente condivise sia dentro che fuori l'Università, le quattro direzioni in cui il ministro Gelmini intende molto verosimilmente andare: a) una drastica riduzione del numero dei corsi di laurea e del numero degli esami necessari per ogni corso di laurea, cresciuti oltre ogni ragionevolezza (per una tesi triennale si può arrivare attualmente a dover sostenere trenta esami!), nonché della possibilità per gli Atenei di aprire sedi distaccate; b) prevedere per il reclutamento dei docenti universitari l'istituzione di un concorso d'idoneità nazionale, facendola finita con il localismo degli ultimi 15 anni che tanti danni ha fatto; al tempo stesso, per ciò che riguarda il reclutamento dei ricercatori, destinato a subire senz'altro un notevole incremento, far precedere il loro ingresso in ruolo da un periodo di prova di 4-5 anni; c) impedire che, come accade adesso, all'interno dei singoli atenei le stesse persone occupino per anni e anni i posti di governo, ma contemporaneamente dotare i rettori di strumenti più efficaci di gestione; d) accorpare infine i dottorati di ricerca post-laurea, oggi disseminati in pratica in ogni dipartimento, e spesso dotati di non più di due-tre posti, riqualificandone la funzione soprattutto attraverso l'obbligo di impartire una docenza vera e non fittizia come in troppi casi è quella attuale.

Si tratta, ripeto, di provvedimenti che oggi possono raccogliere un consenso vastissimo. Che vanno accompagnati da uno spirito nuovo che il ministro deve riuscire a immettere nella politica universitaria: uno spirito di libertà e insieme di rigore. Perché ad esempio non lasciare ogni facoltà libera di insegnare Diritto o Filosofia o Chimica nel numero d'anni che essa ritiene idoneo e impartendo gli insegnamenti che essa giudica necessari, fatti salvi alcuni pochi stabiliti dal Ministero? Non sarebbe questo un modo di cominciare a introdurre un po' di sana competitività nel sistema? Il rigore deve invece riguardare il fondo di finanziamento annuale dello Stato alle varie Università, il quale deve dipendere in misura crescente da accertati criteri di sana gestione e da altrettanto accertati risultati nell’ambito della ricerca scientifica. Basterebbero questi provvedimenti a migliorare in misura significativa la condizione dell'Università italiana: se il ministro Gelmini li adotterà sarà riuscita in un'impresa che, è bene ricordarlo, negli ultimi trent'anni non è riuscita a nessuno dei suoi predecessori.