giovedì 23 dicembre 2010

La Riforma Gelmini: come cambia l'Università e cosa manca

Oggi se tutto andrà bene sarà il giorno dell'approvazione della cd. legge Gelmini, riguardante la riforma dell'Università. Il voto finale è previsto intorno alle 16 al Senato, poi passerà al vaglio del Capo dello Stato, il quale se non riscontrerà problemi di incostituzionalità evidenti la firmerà ed entrerà in vigore il giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato. Prima di commentare il testo definitivo, alcune sensazioni su questa riforma: probabilmente è la migliore possibile attualmente in Italia. Timida ma organica, affronta alcuni problemi ma ne lascia indiscussi altri. I regolamenti attuativi, la valutazione, la meritocrazia sono i suoi pilastri portanti: se funzionano questi, le risorse cominceranno ad andare dove devono andare, e allora l'università uscirà dallo stallo attuale che la vede fuori da tutte le principali classifiche internazionali.

Come cambia l'Università
  • È presto detto (nel post di ieri si sono visti i singoli articoli di legge): gli atenei potranno fondersi o federarsi, soprattutto quelli più piccoli, per migliorare la spesa; spariranno le cd. pocket university, le università tascabili nei centri di "montagna", comode per professori e studenti del paese ma distruttive per le finanze dello Stato e soprattutto inutili per la formazione e la ricerca.
  • L'università smetterà di produrre cattedre, non sarà più uno stipendificio. Per accedervi, la chiamata sarà a sorteggio all'interno di una lista nazionale: basta accordi preventivi, basta concorsi truccati e cuciti su misura per il candidato "fortunato" (ne ho letto uno recentemente che fa venire i brividi per l'indecenza e la spudoratezza). I professori dovranno ottenere l'abilitazione, anche questa su base concorsuale nazionale.
  • Dovrebbe finalmente entrare in funzione l'ANVUR, ma soprattutto agli studenti viene dato un maggiore potere di valutazione degli atenei. Finalmente il nucleo di valutazione d'ateneo non è in mano ai docenti dell'ateneo stesso (il controllore che valuta il controllato?) ma sarà costituito da una maggioranza di membri esterni.
  • Fissato un limite alla governance universitaria: tutto è a tempo determinato, basta rettori a vita, basta senato a vita, basta cda a vita. Pochi anni e poi via, si cambia: si distruggono in tal modo le relazioni di potere ed il voto di scambio all'interno delle università, soprattutto quelle più piccole. Stabilito anche un numero massimo di membri, per limitare l'assemblearismo.
  • Senato e CDA hanno finalmente ruoli chiari e distinti. Attenzione però a subordinare le scelte scientifiche del Senato alle decisioni di spesa del CDA.
  • Stabilita l'impossibilità per i parenti fino al quarto grado di entrare negli stessi dipartimenti dei professori e più in generale di entrare nell'università per i parenti del rettore: norma che presenta anche qualche punto non chiaro, ma che se ben regolamentata cancella finalmente parentopoli dall'università italiana.
  • Stabilito un percorso certo per i ricercatori: entri nell'ateneo con il tuo bel progettino valutato da una commissione che prevede anche studiosi stranieri di fama internazionale, se dopo un periodo massimo di 6 anni hai dimostrato di essere capace, diventi professore associato e liberi il posto per un altro ricercatore, altrimenti cambi lavoro. Basta ricercatori che hanno 60 anni con una produzione scientifica alle spalle quanto meno opinabile. Finalmente nelle nostre università torneranno professori con meno di 40 anni...
  • Viene favorita la mobilità interuniversitaria di docenti e ricercatori, ma soprattutto i fondi vengono legati al progetto che viene legato al suo responsabile: insomma vanno dove va lui.
  • Per legge viene stabilita l'adozione di un codice etico (che dà diritto a punire chi lo tragredisce) e impone maggiore trasparenza agli atenei. Finalmente potremo sapere come vengono spesi i soldi.
  • Il Governo si attribuisce la delega per riformare, in accordo con le regioni, la legge 390/1991 sul diritto allo studio. Si vuole intraprendere un percorso per spostare il sostegno direttamente agli studenti, onde favorirne anche la mobilità (in Italia ancora troppo bassa).
Cosa manca

  • La cooptazione all'americana, che rende quelle università tra le migliori del mondo. È prevista solo come possibilità, quando un ateneo vuole avvalersi della collaborazione di un luminare straniero.
  • Non è previsto un percorso che porti all'abolizione del valore legale del titolo di studio, percorso teorizzato come fondamentale per il mercato del lavoro già decenni fa da Luigi Einaudi. A parole tutti sono d'accordo, nei fatti nessuno ha il coraggio di cominciare. Puntare sulla qualità dei contenuti e non sulla carta.
  • Le risorse economiche devono essere investite, e non solo spese. Servirebbe un cambio culturale per passare dal quanto al come: è inutile spendere milioni di euro in atenei utili solo alle carriere politiche e/o dell'amico di turno.
  • Bene dare più potere a rettori e professori ordinari, ma soltanto se c'è un contraltare costituito dagli associati, dai ricercatori e dagli studenti: fornire agli ultimi soltanto poteri valutativi e costringere gli altri a rimanere in qualche modo legati al professore di turno può essere pericoloso. Soprattutto nel periodo di passaggio tra il vecchio sistema delle raccomandazioni e dei trucchi ed il nuovo del sorteggio e dei concorsi nazionali.
  • Il diritto allo studio passa nelle mani del Governo, che ora ha maggiori poteri decisionali, ma manca un percorso atto ad allargare la platea degli aventi diritto alle borse di studio e soprattutto ad aumentare il numero di costoro che possono accedere ai fondi: si dovrebbe coprire almeno il 20% degli studenti, per ora siamo fermi a poco più di 150.000 unità, maggiormente concentrate al centro-nord. Si attendono le proposte di modifica della legge 390/1991. In tal senso bisognerà anche capire come sarà potenziata la mobilità degli studenti fuorisede meno abbienti.
  • Qualche cambio anche nell'ambito dei dottorati di ricerca, ma solo a livello terminologico: è purtroppo sparita la dicitura che voleva almeno il 50% dei posti con borsa, quindi adesso potranno nascere anche scuole di dottorato senza borse di studio. Inoltre non viene stabilito con chiarezza il percorso formativo e scientifico del dottore di ricerca: scarsa è la spinta alla partecipazione alle attività di ricerca del dipartimento e all'internazionalizzazione con la partecipazione a seminari e convegni esteri (ad es. alla Sapienza è previsto un rimborso di €250: se io non avessi la borsa di dottorato non potrei partecipare a convegni esteri, pur se relativamente vicini come quello di Vienna).
I problemi
Ovviamente, per i teorici della demagogia statalista, questa riforma è in gran parte inaccettabile: chiamano privatizzazione il possibile ingresso nel CDA di manager provenienti dal mondo imprenditoriale italiano, dimenticando che è fissato un tetto massimo inferiore al 30% e che questo Paese ha un disperato bisogno di reinserire la sua formazione di terzo livello all'interno delle necessità del mercato del lavoro. La chiamata locale su lista nazionale dicono aumenterà la forza dei baroni: peccato che a questa viene affiancata la necessità della trasparenza e della valutazione: la voglio vedere l'Univ. "La Sapienza" che senza dare scandalo assume il professore con poche pubblicazioni e citazioni chiaramente "amico di" mentre lascia a casa il professore in grado di vincere grant a livello nazionale o europeo. Poi il Rettore diventerebbe il padrone assoluto dell'università, controllando di fatto il CDA che ha il massimo potere decisionale: peccato che anche in questo caso vi è la spada di Damocle dell'ANVUR e del meccanismo di valutazione che sposterà i finanziamenti distribuendoli a chi li merita: il Rettore che dovesse gestire per 6 anni l'Università come proprietà personale, si autodistruggerebbe da solo, oltreché arrecare un danno irreversibile allo Stato.
Ma i problemi non si risolvono così: contro gli ultrà socialisti e statalisti, per cui è o tutto bianco o tutto nero, ovvero solo ciò che pensano loro è giusto e santo, non c'è margine di discussione.
Chi tiene davvero all'Università italiana dovrebbe ragionare obiettivamente ed oggettivamente: una riforma serve, una riforma vera, organica, che affronti subito alcuni problemi cronici. La si approvi, poi si metta mano ai regolamenti attuativi per migliorare i punti poco chiari, infine si faccia una seria opera di valutazione della legge stessa, e la si modifichi laddove denuncia carenze. Ci sono 30 mesi di tempo dopo la sua approvazione: lasciamo la demogogia populista dei barbetta che vorrebbero far fallire FinMeccanica con il loro pacifismo da 4 soldi a chi vede saltare la propria carriera universitaria perché da domani le raccomandazioni non saranno più accettate...

Le menzogne
I motivi per protestare ci sono anche, ma è assurdo continuare a sentire la manfrina del taglio ai finanziamenti. Le università sono i settori meno toccato in Italia: nonostante le rette universitarie non siano state toccate, per il 2011 saranno in totale 6,9 miliardi di euro, quando erano 7 miliardi nel 2008 (finanziaria di centrosinistra). Nel maxiemendamento alla finanziaria è stato recuperato 1 miliardo di euro, di cui 800 milioni specificamente dedicati al fondo ordinario. Il fondo per le borse di studio è stato in parte recuperato: tanto per cominciare, si tratta di un fondo integrativo (le borse di studio sono di competenza regionale), per continuare nel 2011 vi saranno 100 milioni di euro previsti per le borse di studio ed i prestiti d'onore. Erano 99 milioni nel 2010: non solo il taglio del 90% è una bufala colossale (inizialmente era previsto un taglio del 75% che riduceva il tutto a 26 milioni di euro), ma alla fine addirittura c'è anche 1 milione in più.

mercoledì 22 dicembre 2010

La riforma Gelmini dell'università: imperfetta ma da approvare assolutamente

Oggi 22 dicembre dovrebbe essere il giorno dell'approvazione della Riforma dell'Università voluta dall'attuale Governo nella persona del Ministro Gelmini. Il voto definitivo potrebbe tuttavia slittare anche a domani 23 dicembre causa bagarre al Senato di ieri pomeriggio che ha costretto l'aula a rimandare ad oggi l'esame di troppi emendamenti ed articoli perché si possa chiudere la seduta in giornata. Mentre a Palazzo Madama avviene tutto questo, per le strade di Roma e le piazze d'Italia i giovani virgulti del Paese si esercitano nel rito propiziatorio e dionisiaco della manifestazione di piazza: promossa dalle sigle studentesche che si rifanno al centrosinistra ed alla sinistra radicale, denunciano chiaramente uno stato di malessere (come ricorda il Presidente Napolitano) di cui si deve tenere conto. Tuttavia una riflessione appare necessaria sul testo del ddl, altrimenti le carte in tavola non corrisponderebbero a quelle originariamente presenti nel mazzo.

  • Art. 1.4: l'ANVUR (voluto fortemente dal già Ministro Mussi ma mai attivato) «verifica e valuta i risultati secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze diffuse a livello internazionale, garantendo una distribuzione delle risorse pubbliche coerente con gli obiettivi, gli indirizzi e le attività svolte da ciascun ateneo» È la base primaria dell'attuazione della direttiva meritocratica: chiunque vi si scagli contro non vuole che l'Università Italiana migliori: la preoccupazione è ovviamente per tutte quelle persone che per decenni hanno campato con i soldi pubblici pur vegetando all'interno di una struttura senza produrre nulla di veramente serio e valido.
  • Art. 2.1: lo statuto degli Atenei deve garantire «trasparenza dell'attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all'ateneo» Anche qui nulla da eccepire mi pare
  • Art. 2.1d: «durata della carica di rettore per un unico mandato di sei anni, non rinnovabile» Si impedisce che all'interno dell'Università si formi un sistema di potere. Una norma del genere dovrebbe valere anche contro rieleggibilità perpetua di chi vegeta in Parlamento da 30 anni.
  • Art. 2.1e: più poteri al Senato Accademico in materia di «didattica, di ricerca e di servizi agli studenti»
  • Art. 2.1f: il Senato Accademico dovrà essere composto da non più di 35 membri, in relazione alle dimensioni dell'Ateneo, e dovrà comprendere (oltre a Rettore e rappresentanze degli studenti) 2/3 di docenti di ruolo e 1/3 di direttori di dipartimento. Tale Senato potrà restare in carica per un massimo di otto anni, ovvero quattro anni più il rinnovo del mandato per una sola volta (art. 2.1g).
  • Art. 2.1i: nel Consiglio di Amministrazione, composto da un massimo di 11 membri, dovranno essere presenti personalità italiane o straniere di «comprovata competenza in campo gestionale ovvero di un'esperienza professionale di alto livello con una necessaria attenzione alla qualificazione scientifica culturale», tenendo presente il principio costituzionale della parità tra uomini e donne (art. 2.1L); anche tale Consiglio potrà durare in carica al massimo otto anni, ovvero quattro anni con possibilità di rinnovo per una sola volta (i rappresentanti degli studenti durano in carica massimo due anni) secondo l'art. 2.1m.
  • Art. 2.1q: il nucleo di valutazione dovrà essere composto da personalità in prevalenza esterne all'ateneo il cui CV sia reso pubblico sul sito dell'università
  • Art. 2.2b: «riorganizzazione dei dipartimenti assicurando che a ciascuno di essi afferisca un numero di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato non inferiore a trentacinque», ovvero quaranta nel caso di grandi Università. Finalmente i Dipartimenti non vengono più creati a iosa al solo scopo di utilizzare l'università come ammortizzatore sociale.
  • Art. 2.2g: istituzione in ciascun dipartimento «senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti, competente a svolgere attività di monitoraggio dell’offerta formativa e della qualità della didattica nonché dell'attività di servizio agli studenti da parte dei professori e dei ricercatori». Agli studenti viene dato il compito di valutare l'offerta complessiva dell'università: invece di considerarlo un grande passo avanti nell'organizzazione della formazione di terzo livello, ci si lamenta?
  • Art. 3: viene stabilito il principio per cui due o più università, oppure istituti tecnici superiori e istituti di ricerca e di alta formazione, possano federarsi o fondersi per razionalizzare i costi e l'offerta formativa.
  • Art. 4: si istituisce un fondo speciale presso il Ministero «finalizzato a promuovere l'eccellenza e il merito fra gli studenti dei corsi di laurea e laurea magistrale». Le modalità di queste prove verranno stabilite nel tempo, mentre all'art. 4.7 si stabilisce come sia alimentato questo fondo. La riforma cioè dice che saranno messi dei soldi con l'unico scopo di erogare premi studio e buoni studi per gli studenti più meritevoli secondo norme di valutazione e prove nazionali. È proprio uno schifo che questi soldi vengano dati solo a chi se li merita e non anche agli asini...
  • Art. 5: si ricorda che i decreti attuativi da approvare entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge saranno finalizzati a riformare il sistema universitario e quindi (aggiungo io) anche a raccogliere le istanze di chiarimento e modifica da più parti provenienti (nell'ambito ovviamente della legislazione). In particolare si dice: «realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e scelta dei percorsi formativi»; «definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) erogate dalle università statali»; «definizione del sistema di valutazione e di assicurazione della qualità degli atenei in coerenza con quanto concordato a livello europeo». Nei successivi 18 mesi all'approvazione dei decreti legislativi (quindi entro 30 mesi dall'approvazione della legge) «il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive».
  • Art. 6: i professori ed i ricercatori a tempo pieno hanno un impegno complessivo di 1500 ore, di cui almeno 350 riservate alla didattica ed al servizio agli studenti. Ai ricercatori potrà essere altresì assegnata la figura di professore aggregato, riconoscendo loro un corrispettivo economico aggiuntivo qualora si vedessero affidatari di moduli e corsi curricolari.
  • Art. 6.8: «i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca» qualora la loro valutazione risulti negativa. Sarà per questo che sono saliti sui tetti a protestare?
  • Art. 6.14: «I professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attivita` didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale» In pratica si stabilisce il principio che l'aumento dello stipendio è legato alla qualità del proprio lavoro: in precedenza lo scatto stipendiale era biennale ed automatico, adesso diventa triennale e meritocratico. Sarà per questo che salgono sui tetti a protestare?
  • Art. 7.3: «L'incentivazione della mobilità universitaria è altresì favorita dalla possibilità che il trasferimento di professori e ricercatori possa avvenire attraverso lo scambio contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica tra due sedi universitarie consenzienti» A me sembra un'idea intelligente... Tra l'altro si fa salva la titolarità dei progetti di ricerca e relativi finanziamenti, che dunque vengono così legati non all'Università in quanto tale ma al professore e/o al ricercatore che li porta avanti.
  • Art. 9.1: «È istituito un Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori» Urca che vergogna... Proprio una proposta da repubblica delle banane (o del bunga-bunga che dir si voglia)...
  • Art. 11: una quota pari all'1,5% del fondo di finanziamento ordinario viene espressamente riservata alle università che presentino una situazione di sottofinanziamento pari al 5% «rispetto al modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario elaborato dai competenti organismi di valutazione del sistema universitario».
  • Art. 12: anche nel campo delle università statali non riconosciute, una quota pari al 20% dell'ammontare complessivo dei contributi previsti dalla legge viene ripartita su criteri sentito il parere dell'ANVUR. L'art. 12.3 esclude dalle previsioni di cui sopra le università telematiche, e dovrebbe essere il comma aggiunto alla Camera che ha creato tutta la confusione mistificatrice sull'on. Catia Polidori.
  • Art. 16.1: «È istituita l'abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata «abilitazione». L'abilitazione ha durata quadriennale e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L'abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori». Si va verso il modello del concorso nazionale: sarà per questo che i professori salgono sui tetti a protestare?
  • Art. 16.1b: «la possibilità che il decreto di cui alla lettera a) prescriva un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini del conseguimento dell'abilitazione, anche differenziato per fascia e per area disciplinare e in ogni caso non inferiore a dodici» Anche questa mi sembra un'aggiunta interessante, poiché se ben ponderata serve a non creare troppo discrimine, ovvero spinge il candidato a selezionare la propria produzione scientifica migliore.
  • Art. 16.1f: viene costituita una commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione. Un commissario viene sorteggiato all'interno di una lista curata dall'ANVUR che preveda la presenza «di studiosi e di esperti di pari livello in servizio presso università di un Paese aderente all'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)» (unico membro ad aver diritto ad un corresponsione). Al comma g si stabilisce inoltre «il divieto che della commissione faccia parte più di un commissario della stessa università». Al comma h si stabilisce anche che i professori che possono accedere alla lista di sorteggio per i commissari dovranno essere professori con valutazioni di merito positive ed il cui CV sia pubblicato su internet.
  • Art. 18: la chiamata dei professori deve rispettare i principi della Carta europea dei ricercatori, deve essere pienamente trasparente e pubblica con chiara esplicitazione di tutte le voci; alla chiamata «non possono partecipare coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo». Sebbene la norma debba essere chiarificata per evitare un discrimine al contrario, potrebbe essere il primo passo verso facoltà e dipartimenti che non vengono utilizzati per dare lavoro a parenti, amici e amici degli amici prima di chi se lo merita veramente. Sarà per questo che professori e ricercatori salgono sui tetti a protestare?
  • Art. 20: in relazione alla selezione dei progetti di ricerca, per un periodo di prova di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge si stabilisce «il principio della tecnica di valutazione tra pari, svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all'estero, ai fini della selezione di tutti i progetti di ricerca, finanziati a carico delle risorse» statali (PRIN e quant'altro). Questo mi risulta essere stato l'emendamento approvato su proposta dell'on. Marino del PD: forse che professori e ricercatori salgono sui tetti per protestare contro questo emendamento?
  • Art. 21: viene istituito il Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR) composto da almeno 7 studiosi italiani o stranieri di elevata qualificazione scientifica internazionale. Compito di tale organismo è indicare «i criteri generali per le attività di valutazione dei risultati, tenendo in massima considerazione le raccomandazioni approvate da organismi internazionali cui l'Italia aderisce in virtù di convenzioni e trattati» (art. 21.2). Sopprime contestualmente le commissioni di garanzia previste dalle precedenti leggi. Al funzionamento di tale comitato è previsto il 3% dei fondi riguardanti il finanziamento dei progetti o programmi di ricerca.
  • Art. 23.3: «Al fine di favorire l'internazionalizzazione, le università possono attribuire, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi donati ad hoc da privati, imprese o fondazioni, insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama». Anche questa è una norma da paese delle banane...
  • Art. 24: possono essere assunti ricercatori a tempo determinato per finalità di ricerca e didattiche, all'interno di una rosa di candidati di cui sia preliminarmente valutato il curriculum, la produzione scientifica (tesi di dottorato compresa), unitamente a criteri e parametri nazionali ed internazionali; in seguito, ammissione alla discussione pubblica per i più meritevoli in misura compresa tra il 10 ed il 20% dei candidati, comunque in numero non inferiore a sei; possibilità di prevedere un numero massimo di pubblicazioni da poter presentare (comunque non inferiore a dodici), sui quali si svolge la discussione pubblica; sono esclusi esami scritti ed orali ad eccezione di una prova che attesti l'adeguata conoscenza di una lingua straniera, stabilita dall'Ateneo.
  • Art. 24.3: i ricercatori possono essere chiamati per un periodo massimo di 3 anni, prorogabili per una sola volta per i successivi 2 anni, oppure con contratti triennali della durata di 3 anni per chi ha già usufruito di assegni di ricerca e borse post-dottorato per 3 anni anche non consecutivi.
  • Art. 24.5: i ricercatori che nell'ambito del loro contratto siano stati positivamente valutati sulla scorta di standard qualitativi stabiliti a livello internazionale, possono accedere al titolo di professori associati. Per gli altri è preclusa la carriera universitaria: finalmente diremo basta al precariato dei ricercatori e a coloro che vanno in pensione dopo aver fatto per 30 anni i ricercatori universitari. Non è più accettabile una situazione di questo genere... Sarà per questo che i ricercatori stessi salgono sui tetti a protestare?

I restanti articoli riguardano norme dedicate al personale pubblico e norme transitorie e finali (riguardanti anche finanziamenti accessori) che vi invito a leggere direttamente sul testo. Io continuo a non capire quali siano i punti deboli di questo testo: la vera debolezza è che non affronta alcuni temi, è una riforma in parte timida che non affonda il coltello (dice il proverbio: il medico pietoso fa le piaghe puzzolenti), che non risolve tutte le storture dell'attuale sistema. È una legge imperfetta, ma ASSOLUTAMENTE DA APPROVARE e poi da aggiustare affinché da riforma diventi Riforma. Se i giovani oggi protestano contro il mercato del lavoro, contro i finanziamenti, beh certamente non dovrebbero avere nulla a che rimproverare a questa riforma, se non appunto il fatto che non è veramente incisiva. Ora si attende il testo definitivo approvato dal Senato (sempre che non si verifichi la necessità di un ritorno alla Camera), che vedremo, dopodiché sarà possibile dire cosa manca realmente a questo disegno di legge affinché sia davvero completo. Nel frattempo, leggete e valutate e provate per un momento a ragionare oggettivamente ed obiettivamente se le proteste di piazza siano animate da un vero sentimento di riforme più giuste o piuttosto dalla ferocia politica della parte più radicale del Paese.

Approfondimenti: testo del disegno di legge contenente Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario

Iter di approvazione del ddl Gelmini al Senato

Appello della Fondazione Magna Charta Difendiamo l'Università dalla demagogia, firmato da centinaia, centinaia e centinaia tra docenti, ricercatori