venerdì 28 novembre 2008

Ricerca: l'Onda anomala e l'aria fritta

Cari lettori, come molti di voi sapranno nel periodo di massima protesta degli studenti universitari si è contestualmente svolta un'assemblea aperta in quel della Sapienza dove 3000 studenti (secondo gli organizzatori) avrebbero discusso su alcune linee guida di riforma dal basso, producendo 3 documenti. La loro lettura è estremamente interessante e soprattutto rivela il grado di cultura (basso) e di ideologia (altissimo) di chi ha scritto quei documenti. Intervengo con ritardo perché in questi giorni sono stato altrimenti impegnato.

Partiamo dalla ricerca. Nel relativo testo si legge un po' di tutto, andiamo con ordine:

  • Indipendenza ed autonomia della ricerca: socializzazione dei risultati della ricerca, democratizzazione dell'accesso ai fondi anche per i dottorandi, tutela libera e non commerciale (GPL vs brevetti).
Fumosità ai massimi livelli: come è possibile valutare l'impatto di una ricerca sulla società? Con quali parametri? In che modo si dovrebbe democratizzare l'accesso ai fondi per tutti i soggetti interessati (financo ai dottorandi!)? Nulla, silenzio assoluto...
  • autonomia della ricerca e nuovo modello di valutazione, legato alla rendicontazione sociale e disgiunto dai bilanci, dai brevetti e dalle pubblicazioni
Mi chiedo se chi ha scritto questo documento abbia ben capito di cosa parla oppure, per il semplice fatto di usare dei "paroloni", pensa automaticamente di aver scritto concetti elevati...
  • reddito per tutti e per qualunque attività, dai dottorandi fino ai praticantati
Magari in un quarto documento ci faranno sapere con quali risorse...
  • abolizione dei dottorati senza borsa
Questa è una delle idiozie più grosse che abbia mai sentito: non solo in tal modo si trasforma il titolo di Dottorato nell'unico binario di accesso alla docenza universitaria e lo si giudica invece inutile per la società nel suo complesso. Allo stato attuale, si tratterebbe di abolire almeno il 40% dei posti di dottorato disponibili (per legge devono essere coperti al 50% da borse, quindi esiste almeno un 40-50% di posti senza borsa). Dunque, invece di liberare tali posti dal gioco del concorso come avviene all'estero (presento un progetto e l'università valuta se accoglierlo oppure no, tanto la ricerca la pago da me), li si vuole direttamente abolire. Oggi, l'ultimo posto in un concorso di Dottorato è l'unica possibilità che hanno i meritevoli di accedere, visto che i posti con borsa sono occupati dagli "allievi di": abolirli significa nepotizzare ancora di più permettendo un controllo ancora più capillare e maggiore l'accesso alla docenza universitaria.
  • abolizione del turnover, contratto unico di lavoro subordinato al termine del dottorato, ruolo unico nella docenza
Qui si sfiora la follia: il blocco del turnover serve ad impedire che università che sono fuori legge spendendo oltre il 90% in stipendi continuino a reclutare docenti senza poterlo fare; serve ad impedire che lo Stato italiano spenda un mucchio di soldi in stipendi che potrebbero essere reinvestiti in attività di ricerca, soprattutto in un momento come questo dove la liquidità scarseggia.
  • partecipazione dei ricercatori precari e dei dottorandi ai processi decisionali dell'università tramite rappresentanti eletti
L'unico punto sul quale mi sento di concordare
  • riformare l'università guardando all'estero ma scartando subito il modello anglosassone che ha fallito in Inghilterra e negli Stati Uniti
Sarebbe interessante capire sotto quale punto di vista il modello anglosassone ha fallito: poca ricerca, poca mobilità sociale, dov'è che è sbagliato? Poi, a quale modello europeo bisognerebbe guardare, quello francese, quello tedesco, quello svedese, quello lituano o magari ungherese?

Infine, nelle righe finali abbiamo la chiave di lettura: «Una molteplicità di strade ma molte di più, pensiamo, sono quelle che usciranno dalla fantasia di questo movimento, dalla forza della partecipazione che lo sta facendo vivere, dalla capacità di sperimentare percorsi nuovi che ha mostrato in questi giorni di mobilitazione».

Se si dovesse giudicare un movimento dalla sola partecipazione, l'Onda ha fallito in tutto e per tutto. Concordo sul fatto che solo la "fantasia" poteva produrre una tale massa di paroloni senza senso, dalla rendicontazione sociale, alla democratizzazione, alla gerarchizzazione: appunto, aria fritta e probabilmente anche un po' marcia.

Si parla di concorsi ma non di come riformarli (va bene il sistema attuale quindi? Panico...), non una parola sulla valutazione della ricerca e della didattica, per la quale anzi si rifiutano sia i brevetti che le pubblicazioni (avessero almeno spiegato come parametrizzare la socialità della ricerca!), si chiedono più soldi, molti più soldi, ma non si dice una parola su come reperirli, visto che si rifiuta il supporto del settore privato. La natura dell'estensore si appalesa per quello che è: un mix di concetti veterocomunisti e veterosessantottini, che gli Italiani hanno rifiutato a stragrande maggioranza e che hanno già distrutto l'università oltre ogni più fosca apparenza. Vivere sulla nube di Oort e poi pretendere di "autogestire" la riforma di un settore così complesso e vitale per il Paese è uno sport estremo che non deve avere patria in Italia. Colgo con grande favore la rinuncia dell'Onda a presentarsi alle elezioni universitarie della Sapienza, dove le formazioni di centrodestra (non tutte legate ai partiti di Governo, giova ricordarlo) hanno ottenuto un successo netto e probabilmente non preventivabile: meglio così, meno potere decisionale hanno i sinistrorsi, meglio sarà per il Paese.

Quando poi passeremo ad analizzare il documento sulla didattica, beh allora ci sarà spazio anche per le scimmie da circo...

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