martedì 11 novembre 2008

Atenei: prima dov'era la sinistra?

Di Paolo Ercolani* per lastampa.it

Caro direttore, non posso. Io, ricercatore (precario) di filosofia politica, che da anni frequenta l’Università italiana e che si riconosce nei valori di una sinistra moderna, non riesco proprio ad aderire acriticamente alle manifestazioni contro l’ancora inesistente decreto Gelmini. Non riesco a difendere, di fatto, lo statu quo di un’università che da anni fa entrare gente fra il patetico e il grottesco, gente che non studia più (ammesso che abbia mai cominciato) e che nulla ha da dare a studenti che, sempre più impreparati, comunque ottengono il loro bel voto se ascoltano annuendo la lezioncina del prof., quasi sempre messa anche per iscritto in un libricino pubblicato da qualche minuscola casa editrice a pagamento. La Gelmini sbaglia se prevederà tagli indiscriminati, perché finirà con l’avvantaggiare i più ricchi e privilegiati, ma la sinistra dov’era in tutti questi anni in cui nelle università entravano rigorosamente i figli di e i raccomandati, da dove il vincitore del concorso veniva stabilito prima ancora di bandire il concorso e sulla base di accordi fra i vari ordinari, non su quella di un valore scientifico dello studioso e della sua produzione?

Dalla destra ci si possono e forse devono aspettare misure pensate con il criterio della gerarchia sociale, ma dove sta scritto che dalla sinistra ci si debba aspettare il nulla e il silenzio? Perché tutti si sono svegliati solo ora che il governo sembra voler affrontare una situazione che non può più andare avanti in questo modo, fornendo inevitabilmente l’immagine di una sinistra sempre al rimorchio d’idee d’altri, prontissima ed efficace a contestarle ma tristemente incapace di proporne di proprie a tempo debito? Facendo prosperare questo sistema di «baronaggio onnipotente», abbiamo lasciato che l’università, luogo cardine della cultura di un Paese, si impoverisse e degradasse fra docenti improbabili e sconosciuti alla comunità internazionale (ma ben conosciuti ai piccoli potentati locali e territoriali), e studenti che «seduti dall’altro capo della scrivania, in un italiano stentato, smozzicano frasi per lo più sconnesse, ciancicano frattaglie di nozioni irrancidite, rimasticano rigurgiti di conoscenze mal digerite» (Antonio Scurati, La Stampa del 1° novembre).

Contro tutto questo la sinistra italiana non ha fatto pressoché nulla, creando di fatto il peggiore dei sistemi fondati sulla «gerarchia» e sul «privilegio», perché se il sapere degrada presso la generalità degli studenti, a ottenere successo comunque nella società saranno quelli provenienti dalle famiglie agiate, così come a potersi permettere la carriera universitaria saranno soltanto quelli sempre con famiglia ricca alle spalle. Un paese in cui la «famiglia» diventa il fattore più importante di avanzamento dei saperi e delle carriere è inevitabilmente condannato al degrado e all’emarginazione internazionale. Ecco perché non ce la faccio a scendere in piazza con questi studenti (alcuni dei quali anche i miei), in maniera acritica e senza che un tormento interiore s’impossessi del mio animo, senza potergli dire le cose che sto scrivendo qui. Così come non ce la faccio a manifestare a fianco di quei tanti «incardinati» che hanno trovato posto nell’università grazie alle logiche grette e degradanti di cui abbiamo parlato, e che oggi vorrebbero solo che si potesse continuare a vivere come se le vacche fossero sempre grasse e le botti piene.

Io accuso la sinistra italiana di prolungata latitanza, accuso chi ha gestito le università finora d’irresponsabilità e spirito di casta, accuso un Paese in cui la cultura sta diventando roba noiosa, per reietti da ogni reality show che si rispetti, e accuso anche me stesso di aver avuto più di un timore a firmare questa lettera. Accuse ben più gravi di quelle comunque sacrosante che mi verrebbero da rivolgere a un giovane e improvvisato ministro che agisce evidentemente sotto l’«egìda» di qualcun altro...

*ricercatore all’Università di Urbino

4 commenti:

  1. Non posso che concordare con le realistiche riflessioni del collega, ho letto il Decreto pubblicato in GU e, dopo anni di brogli, di incompetenze, di regalie, di vassallaggi, sento che questo orientamento, per quanto duro, si sforzi di sovvertre l'ordine costituito.
    Una prova? Ho sentito la voce tremante di chi aveva già organizzato i concosi per figli e nipoti, di chi si è dedicato indefessamente alla collecazione dei congiunti, tessendo e tramando, scambiando favori e favoritismi, ho sentito le voci di questi professionisti dell'inciucio spezzarsi leggendo gli articol del Decreto. E questo è indice, per quanto minore, che il Decreto sta toccando il cuore degli interessi di molti che hanno fatto dell'Università Italiana una farsa, screditandola agli occhi della comunità scientifica internazionale.

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  2. Grazie della sua testimonianza. Purtroppo è quello che (immagino) sta accadendo un po' in tutte le sedi d'Italia, soprattutto in quelle maggiormente abituate ad utilizzare mezzucci di tal fatta.
    E certo non può bastare la buona volontà di quei professori che provano a scardinare tale sistema, adeguandosi ma impedendo che tutti i posti finiscano nelle mani degli inetti, barattando almeno un posto per qualcuno meritevole. 1 su 3 se non 1 su 4 serve solo a salvare la faccia del sistema.
    La CRUI ha espresso totale apprezzamento per questo decreto, ma si è solo agli inizi, il vero disegno di legge deve ancora venire. Sarà quello il momento in cui verranno a galla tutti gli altarini dell'università italiana...

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  3. SICCOME FORSE NON C'è UN POST ADATTO MA MI INTERESSA MOLTO E MOLTE PROTESTE CONTENGONO IL SEGUENTE DISCORSO VOLEVO CHIEDERE COSA è LA LEGGE APREA (O PROPOSTA PERCHE PENSO NN SIA PASSATA) DOVE SI RIVOLUZIONANO I SISTEMI GESTIONALI E LE COMPONENTI RAPPRESENTATIVE DA QUEL POCO CHE HO CAPITO...... MOLTO INFATTI POI DICONO CHE SPARIRà IL CONSIGLIO DI CLASSE (COSA IMPOSSIBILE PERCHè è COLUI CHE VALUTA GLI STUDENTI) E ALTRI ORGANI DELLE VARIE SCUOLE....

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  4. Non ne ho trattato perché si tratta di un disegno di legge di cui non so l'esito parlamentare, poiché è stato presentato in maggio e non mi risulta che sia andato in porto (almeno per ora): dunque inutile discuterne.

    In ogni caso si tratta di una riforma di autogoverno delle istituzioni scolastiche nel quale si prevede la possibilità di istituire istituti misti pubblici/privati, favorire la scelta delle famiglie in termini educativi, creare un ordine degli insegnanti e separare le aree contrattuali dei docenti da quelle del personale ata.
    Soprattutto quest'ultimo punto è delicato per il modo in cui la necessaria "responsabilizzazione personale" viene a configurarsi: infatti il problema non è diversificare le componenti in sede di RSU, ma capire se proprio la RSU ha ancora da esistere oppure no, risultando evidente che si tratta di un'anomalia.

    C'è poi una sezione che riguarda nuove modalità di reclutamento degli insegnanti e la modifica del suo status giuridico, necessario alla luce del nuovo paradigma della scuola (almeno così come si configura nel ddl).

    A mio modo di vedere, un ottimo articolo che non ha pregiudiziali ideologiche è questo:
    http://www.gildavenezia.it/docs/Archivio/2008/giu2008/luci_ombre_aprea.htm

    nel quale però non si parla di consiglio di classe.

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